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Perché molte persone decidono di non assicurarsi e di sfidare la sorte?

La decisione è la capacità di valutare e di scegliere, all’interno di un ventaglio di opzioni differenti, quella che possa garantirci il miglior risultato possibile.

La decisione non opera isolatamente e non si esaurisce in un singolo atto, bensì è composta da un insieme di azioni che si articolano lungo un determinato arco di tempo e richiedono l’apporto di competenze psicologiche sia cognitive che emotive; per questo motivo io preferisco parlare di processo decisionale alfine di evidenziarne la complessità.

In questo contesto parliamo di decisioni in ambito assicurativo e precisamente della decisione a monte: mi assicuro o non mi assicuro?

Siamo nell’ambito delle decisioni in contesto di rischio, termine che viene associato ad eventi dei quali può essere misurata oggettivamente la probabilità.

Se il termine rischio è adeguato per le compagnie assicurative, per quanto riguarda gli individui, è più appropriato parlare di incertezza.

Siamo di fronte a scelte in condizioni di incertezza quando le probabilità dei diversi eventi sono sconosciute. Infatti, gli individui non possiedono una corretta informazione circa le probabilità di manifestazione di un evento e la valutazione del rischio avviene pertanto in modo del tutto soggettiva.

Le scelte in condizioni di rischio e incertezza vengono spiegate attraverso le Teorie della Decisione: le Teorie Normative, elaborate da matematici e statistici e le Teorie Descrittive elaborate da psicologi.

Le Teorie Normative parlano della scelta razionale operata da un individuo caratterizzato da razionalità olimpica che, attraverso complessi calcoli logico-matematici, persegue la massimizzazione dell’utilità. ****Per l’homo oeconomicus è quindi razionale sottoscrivere una polizza assicurativa, In questo modo trasferisce a terzi le possibili conseguenze derivanti dalla manifestazione di un evento avverso.

Quindi, se è razionalmente opportuno assicurarsi, perché molte persone decidono di non assicurarsi e quindi scelgono di sfidare la sorte?

Perché alcuni individui scelgono di gestire il rischio attraverso la ****self-insurance o il loss control?

A queste domande forniscono una risposta le Teorie Descrittive che descrivono come le persone prendono le decisioni nella realtà.

Con l’approccio descrittivo siamo nell’ambito dell’ Economia Comportamentale che studia gli effetti dei fattori psicologici cognitivi ed emotivi, culturali e sociali sulle decisioni degli individui ed evidenzia come tali scelte siano ben lontane da quelle ipotizzate dai modelli standard della teoria economica classica.

Le Teorie Descrittive nascono negli Stati Uniti con Simon negli anni ’50, si sviluppano negli anni ’70 grazie al lavoro di Kahneman (premio Nobel per l’economia nel 2002) e Tversky, e successivamente trovano un ampio impiego grazie agli studi di Thaler (premio Nobel per l’economia nel 2017).

Le Teorie Descrittive descrivono la scelta compiuta da un individuo caratterizzato da razionalità limitata nel cui processo decisionale, oltre ai problemi causati da una limitata conoscenza dei concetti matematici propri nelle Teorie Normative, intervengono anche problemi legati alla memoria, all’attenzione, alla percezione, alle emozioni, alle informazioni incomplete, al tempo limitato a disposizione.

Un individuo che, dovendo necessariamente giungere ad una decisione, utilizza efficienti forme adattive di ragionamento, giudizi intuitivi, scorciatoie mentali (euristiche) che lo aiutano a districarsi in un mondo incerto e si accontenta di una soluzione sufficientemente buona, non la migliore in

assoluto. Un individuo che inoltre incorre spesso in errori sistematici, e quindi prevedibili, di ragionamento (bias).

Ecco allora l’importanza di comprendere i meccanismi psicologici che portano all’attribuzione dei pesi decisionali e alle valutazioni soggettive di probabilità nella valutazione del rischio.

In questo compito complesso ci aiuta la percezione che è il processo attraverso il quale gli individui organizzano ed interpretano le proprie impressioni sensoriali per dare un significato all’ambiente che li circonda. In altre parole, la percezione studia le modalità attraverso cui gli individui percepiscono la realtà e definiscono le probabilità da attribuire al verificarsi di eventi rischiosi.

La percezione si basa su alcuni concetti chiave:

  • la nostra mente non si limita a recepire gli stimoli della realtà come se fosse una macchina fotografica, bensì li rielabora e li struttura dentro nuove configurazioni percettive
  • percepiamo uno stimolo in base al contesto in cui è inserito
  • il nostro apparato percettivo è strutturato in modo tale da permetterci di riconoscere i cambiamenti rispetto ad un punto di riferimento piuttosto che in termini assoluti
  • quando le persone valutano un rischio assegnano dei pesi decisionali ai possibili risultati ma questi non coincidono con le probabilità dei risultati stessi.

Questi concetti vengono inseriti nello Schema a 4 Celle, uno strumento elaborato da Kahneman e Tversky utile per la comprensione del processo decisionale in condizioni di rischio e incertezza.

Lo schema è composto da 4 parti: due celle a sinistra relative all’ambito dei guadagni e due a destra relative al dominio delle perdite.

Analizziamo brevemente le celle a destra riportando le indicazioni di Kahneman e Tversky.

  • Cella in alto a destra – Propensione al rischio nell’ambito delle perdite

Prospettiva del caso: ****vi viene offerto di scegliere tra un azzardo ed una perdita sicura che corrisponde al suo valore atteso:

  • opzione a) 95% di probabilità di perdere 1 milione –> VA=950.000
  • opzione b) 950.000 perdita sicura -> VA=950.000

il valore atteso delle due opzioni è identico, ma la maggioranza delle persone opta per a) perchè lascia la speranza del 5% di non perdere nulla.

Ecco l’ “effetto certezza”: i risultati che sono quasi certi (a) sono sottoponderati rispetto alla certezza reale (b).

Emozione che la prospettiva evoca: speranza di evitare la perdita. Il filo di speranza che le cose vadano bene appare molto grande.

La spiegazione del perché gli individui siano propensi al rischio nell’ambito delle perdite viene spigato grazie alla Prospect Theory (K&T) ed alla funzione di valore, convessa nel quadrante delle perdite.
Guardando la figura sopra si intuisce che man mano che ci si allontana sull’asse delle perdite la sensibilità è decrescente, la curva infatti tende asintoticamente ad appiattirsi e quindi “si sentono” meno le perdite. Inoltre, il peso decisionale che corrisponde ad una perdita, ad esempio, del 90% è 71, quindi molto inferiore alla probabilità.

Relativamente all’ambito assicurativo gli individui decidono di non acquistare la polizza: rischiano.

Questa cella rappresenta molte situazioni infelici: persone che si trovano di fronte a pessime opzioni accettano l’alta probabilità di peggiorare le cose in cambio di una piccola speranza di evitare una grossa perdita. La prospettiva di accettare una perdita certa è troppo dolorosa e la speranza di un lieto fine troppo invitante.

  • Cella in basso a destra – Avversione al rischio nell’ambito delle perdite

Prospettiva del caso: ****5% di probabilità di perdere 1 milione

I risultati improbabili (solo 5%) sono sovraponderati.

Emozione che la prospettiva evoca**:** paura di perdita ingente.

A causa dell’ “effetto possibilità” si tende a sovraponderare i rischi minimi e i pesi decisionali riflettono il grado di preoccupazione.

Sovraponderare probabilità minime aumenta l’attrattività delle polizze assicurative; in questo modo

le persone eliminano del tutto la preoccupazione.

Ecco allora che lo Schema a 4 Celle spiega l’acquisto di polizze assicurative attraverso il maggior peso attribuito alle piccole probabilità**.**

In conclusione, nell’ambito delle perdite siamo propensi al rischio, ma non per i risultati improbabili che sono sovraponderati.

Luigia Barzaghi

Dr. in Psycho Economics

Choice Architect Behavioral Economics

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